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Pizza e gonfiore: è davvero colpa del lievito di birra?

A Sigep AbTech il convegno di Assitol

lievito-di-birra-2.jpgSigep-AbTech non è stato esclusivamente vetrina per le aziende o palcoscenico di concorsi: è stato anche occasione per momenti informativi sulle materie prime e sui processi produttivi dell’arte bianca.
Fra questi momenti di sicuro valore è stato il convegno tenuto da ITALMOPA, nel quale sono stati diffusi e commentati gli interessanti dati dell’indagine Doxa sulla conoscenza delle farine da parte degli italiani. L’indagine, effettuata su un campione di 1.000 italiani, ha rilevato molta ignoranza da parte del consumatore sulla filiera della farina.
Un esempio emblematico è questo: ben il 55% degli intervistati associa erroneamente la farina di frumento tenero alla pasta, che invece è prodotta con le semole di frumento duro, mentre il 65% del campione di intervistati ritiene che l’Italia importi una quantità rilevante di farina da altri Paesi, mentre, stando ai dati ITALMOPA, le importazioni di farine costituiscono circa lo 0,2% del loro utilizzo totale.
Tra i luoghi comuni diffusi fra i consumatori (ma anche fra alcuni professionisti) ci sono anche quelli sul lievito di birra.
Sono stati affrontati anch’essi a Rimini grazie al convegno organizzato da ASSITOL “Quel che non sai del lievito: le certezze della scienza, le falsità dei luoghi comuni”.
Obbiettivo dell’incontro è stato sfatare alcune convinzioni che si sono costituite intorno al Saccharomyces cervisae utilizzato sin dagli albori della pianificazione.
Operatori ed esperti hanno sottolineato le proprietà benefiche di questo microrganismo vivente. Gonfiore addominale e sindrome dell’intestino irritabile, s’è spiegato nel convegno, non sarebbero causa del lievito di birra, ma avrebbero altre origini. Anzi, uno studio dell’Università di Lille, in Francia, avrebbe persino confermato che l’assunzione del lievito di birra, il più conosciuto fin dall’antichità, non soltanto è ben tollerata dall’organismo, ma ha un effetto probiotico e riduce il dolore addominale nei pazienti che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile, una patologia molto comune.
Neppure la simile sensazione di gonfiore che si prova dopo aver mangiato cibi come la pizza può essere imputata al lievito perché «Il lievito muore a 50-60 gradi e la cottura avviene a temperature ben superiori – ha precisato Michele Sculati, medico specialista in Scienza di alimentazione e professore a contratto all’Università di Milano-Bicocca – il gonfiore, quando non dipende da patologie specifiche, può essere causato da un significativo carico glicemico della singola pietanza. Anche il sale, contenuto in abbondanza in una comune pizza, è responsabile di ritenzione idrica nel nostro organismo».
Ma da dove deriva il Saccharomyces cervisae? È un microrganismo vivente, che prende vita da un sottoprodotto di origine agricola, il melasso da zucchero. «Già questo ci racconta l’origine naturale del lievito – ha spiegato Thomas Lesaffre, presidente del Gruppo Lievito da zuccheri di ASSITOL – le aziende creano le condizioni più favorevoli perché il lievito si riproduca in presenza di ossigeno. In pratica tutto si basa sulla fermentazione dello zucchero, un processo che non ha nulla di artificiale».

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Il lievito di birra
Il Saccharomyces cerevisiae è un organismo unicellulare appartenente al regno dei funghi: è una specie di lievito della famiglia Saccharomycetaceae ritenuto il lievito più usato nella panificazione e nella produzione di birra e vino sin dall’antichità.
Saccharomyces cerevisiae ha forma dall’ovale all’ellittico e diametro di 5-10 micrometri. Si moltiplica attraverso un processo di gemmazione.
Sul mercato è presente come lievito fresco appena pressato o come lievito secco (la cui conservabilità è di circa 1 anno).
L’odore del lievito di birra in panetto fresco è inconfondibile e spesso contraddistingue alcuni prodotti ( alcune tipologie di birra, spumanti a metodo classico, certi vini bianchi secchi e giovani, oltre che gli impasti).
Il lievito fresco mantiene il proprio potere fermentativo quando viene conservato ad una temperatura che va dai 2 agli 8 °C, e se usato dopo essere riportato a temperatura ambiente.
Quando il lievito contiene cellule vecchie o morte si libera glutatione, e il potere del lievito si indebolisce compromettendo la struttura glutinica in un impasto.
Il Saccharomyces cerevisiae innesca una fermentazione prevalentemente alcolica, in cui  i saccaromiceti trasformano gli zuccheri in alcol, ma anche acido succinico ad esteri aromatici, prodotti solforati che ricordano il profumo affumicato. Durante il processo parte dei saccaromiceti muore.


16/02/2017

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